mercoledì 08 Maggio 2024

Il disturbo da stress post-traumatico è legato a 95 “punti caldi di rischio” nel genoma

2 settimane ago

95 “punti caldi di rischio” nel genoma legati al disturbo da stress post-traumatico

Il più grande studio genetico mai realizzato sul disturbo da stress post-traumatico (PTSD) ha individuato 95 punti caldi nel genoma associati alla condizione, di cui 80 precedentemente sconosciuti.

Questi dati genetici potrebbero aprire la strada a nuove terapie per il PTSD, secondo gli scienziati.

La complessità del disturbo da stress post-traumatico

Il PTSD è una condizione mentale che può svilupparsi dopo un evento traumatico. La forma cronica colpisce circa il 10% della popolazione generale e fino al 30% delle popolazioni ad alto rischio.

Studi genetici precedenti hanno evidenziato l’influenza genetica sul PTSD, ma il quadro genetico completo rimane complesso, coinvolgendo potenzialmente centinaia di geni.

Nuova metodologia di studio genomico

In un nuovo studio pubblicato su Nature Genetics, un consorzio di scienziati dei ha analizzato dati genetici di oltre 1 milione di persone, di cui il 13% con PTSD.

Utilizzando uno studio di associazione sul genoma completo (GWAS), i ricercatori hanno identificato marcatori genetici che potrebbero giocare un ruolo nello sviluppo del disturbo.

Possibili sviluppi terapeutici futuri

L’approfondimento della comprensione genetica del PTSD potrebbe aprire la strada a nuove terapie mirate e personalizzate per coloro che soffrono della condizione.

Questo studio pone le basi per future ricerche che potrebbero rivoluzionare l’approccio alla diagnosi e al trattamento del PTSD.

Lo Studio sull’Associazione Tra Geni e Disturbo da Stress Post-Traumatico

La variazione genetica è un elemento comune tra gli individui, richiedendo campioni di genoma significativi per individuare i marcatori condivisi.

Il Dottor Kerry Ressler, direttore scientifico del McLean Hospital, ha sottolineato l’importanza di coinvolgere un ampio numero di persone in questi studi.

Programmi come il Milioni di Veterani del Corpo dei Marines e la Biobanca Britannica sono stati coinvolti, espandendo enormemente la portata degli studi.

Un Campione Diversificato per Migliori Risultati

Lo studio ha avuto un approccio unico includendo 58.000 individui di origine non europea, ampliando così la rappresentatività del campione.

Il coinvolgimento di individui di diversi contesti etnici è cruciale per comprendere meglio le manifestazioni del disturbo da stress post-traumatico.

Il Dottor Ressler ha sottolineato che, nonostante rappresentino una piccola percentuale del campione, i partecipanti di minoranze etniche sono cruciali per la ricerca.

Scoperte Importanti sui Marcatori di Rischio

Lo studio ha identificato un totale di 95 marcatori di rischio, di cui 15 confermano scoperte precedenti inerenti al disturbo da stress post-traumatico.

Alcuni marcatori erano condivisi tra disturbo da stress post-traumatico e depressione, mentre altri erano specifici del primo, offrendo spunti rilevanti.

È emerso anche un insieme di 43 geni correlati a questi marcatori che potrebbero rappresentare potenziali bersagli per futuri trattamenti.

Scoperta chiave sul disturbo da stress post-traumatico

Una recente ricerca ha identificato i geni CRHR1 e FOXP2, coinvolti nello stress e nella paura, come fattori scatenanti del disturbo da stress post-traumatico. I circuiti cerebrali nell’amigdala e nell’ippocampo giocano un ruolo cruciale in questo disturbo.

Proteine misurabili e cromosoma X

Questo studio ha individuato proteine che potrebbero fungere da segni misurabili di suscettibilità al disturbo. Per la prima volta, il cromosoma X è stato coinvolto nello studio del disturbo post-traumatico, rivelando il ruolo del gene del recettore degli estrogeni come marcatore di rischio.

Differenze di genere nell’incidenza del disturbo

Le donne presentano una maggiore prevalenza di disturbo da stress post-traumatico rispetto agli uomini, suggerendo un’importante correlazione con gli estrogeni. L’approfondimento sul ruolo degli estrogeni potrebbe contribuire a spiegare le disparità di genere nel manifestarsi del disturbo.

Valutazioni e prospettive future

Il professor Carrie Bearden ha elogiato lo studio come un passo importante nella comprensione genetica e biologica del disturbo. Il consorzio mira all’inclusione di individui etnicamente diversi, in particolare provenienti da coorti africane, per affrontare il carico di traumi presenti in queste popolazioni.

Obiettivi futuri

I ricercatori intendono integrare i dati genetici con le informazioni sull’attività genica nel tessuto cerebrale dei pazienti. Questo consentirà di individuare i siti di attività dei geni identificati e sviluppare trattamenti mirati per il disturbo da stress post-traumatico.

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